martedì 2 agosto 2011

26 luglio Corone - Porto Quaglio o Caio (Kayio in greco, Mani)


26 luglio Corone - Porto Quaglio o Caio (Kayio in greco, Mani), 35 miglia, vento da Sud Ovest e Ponente, meno onda. Doppiato capo Matapan senza problemi.


L'alba ci accoglie, colazione e in quattro fuggiamo in paese in gommone a prenderci l'ultimo occhio della Repubblica. Marco e Caterina presto scompaiono, più veloci e liberi. Io e Pido dobbiamo scrutare, filmare, fotografare, filtrare questo posto verace che s'allunga verso la fortezza in callette e scale lasciando a intravedere il mare. Trovo un leone quasi per caso, sta quasi a livello della strada d'asfalto, in cima alla collina, nascosto da un motorino e da piante. Segna in maniera inconfondibile una costruzione che sembra una cisterna o una fontana. La pietra è corrosa e sembra granito. Dei vecchi ci guardano un po' stupiti, tante storie per un simbolo assurdo, un leone con le ali, ma dove s'è visto mai! E se sapessero quante polemiche e ignoranze oggi si porta dietro... Salgo verso la fortezza che verso terra s'apre a tenaglia con spigoli e rondelle che si saldano alla cinta antica. Arrivo alla porta, ancora maestosa e molto turchesca, e sparo un po' di foto della baia e della nostra barca laggiù. Scendo sul molo, il tempo stringe, c'è poco da scherzare col capitano. Anche se il vento è calato c'è da doppiare il temibile capo Matapan, teatro dell'ultima battaglia navale della Serenissima contro i turchi all'inizio del XVII secolo. Pescatori vendono le loro prede stancamente. Mi fanno vedere un'aguglia che qui dovrebbero chiamare labatos, se ho capito bene. Sembra un'anguilla dal becco lungo. Si parte, a motore, verso il Mani, il secondo ditone del Peloponneso. Esche in mare, si traina oziosamente attendendo il vento. Dopo circa tre ore invece abbocca qualcosa, io non ci credo, penso sempre a un copertone d'alto bordo, invece Marco ed Enrico tirano sul gommone un altro tonno, più scuro, più pesante: 13-14 chili. mai vista una pesca così. Questa volta cerchiamo di non fare una tonnara e lo lasciamo morire lì fuori, in fretta, per poi appenderlo alla maniglia della bussola a sgocciolare il suo sangue che sembra così umano. Foto, ma oggi il trofeo sembra più pesante non solo metaforicamente. Doppiamo il Matapan e la porta degli inferi del Tenaro verso le 18, il mare non ci aggredisce, anzi, il vento s'è alzato e ci porta di volata verso il nostro rifugio per la notte, porto Kayio, che i veneziani pare chiamassero Quaglio per via delle quaglie che si cacciavano e mettevano sotto sale da queste parti. Posto strano il Mani, brullo e aspro come la Sardegna, una tavolozza di colori tenui e profumi di erbe selvatiche, un posto estremo, ultima Thule. Bello di una forza selvaggia che catturò anche Fermor, che stava a Kardamili proprio dove dovrebbe essere sepolto il grande scrittore britannico della Patagonia Chatwin. Anni fa, in un altro viaggio, questa volta via terra, con Giannakis, Chiara e Claudia cercai di incontrare l'autore di Mani, il libro su questa posto dirupato dove la gente viveva in torri ed è sempre stata libera. Venezia o Istanbul, basta che non rompano, questo poteva essere il loro motto di guerrieri e pastori e pirati fieri. A porto Kayio, ormeggio non facile in baietta piccola con tre altre barche alla fonda con ancora adagiata sul fondo (un veliero d'antan faceva bella mostra di se) e vento di traverso da Nord Ovest. Risolviamo con un corpo morto pescato da Marco a circa 5 metri sotto. Brandeggia la barca, ma ormai noi siamo a posto gli altri chissà. E inizia il gioco degli sguardi tra capitani, sperono io o lui? Io osservo la baia, punteggiata da vecchie case di pietra che scorgi sul pendio delle colline intorno a fatica, c'è anche un monumento che ricorda un famoso pirata maniota, Katsonis. Ma noi siamo più affascinati dalle tante torri che sorgono sui declivi della penisola e dal monastero che sta sul versante Nord. Qui i borghi antichi, molti abbandonati, non hanno campanili, ma difese. Irti fanno memoria di un tempo finito. Ora nemmeno il turismo riesce a restaurarli tutti. Cena a base di? Tonno, ovviamente, e c'è chi inizia a non poterne più (non io).


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